Erdoğan fa piangere una bambina!

Penso che un giorno dovrò tatuarmi sul petto il volto di Sua Eccellenza Recep Tayyip Erdoğan, per gli innumerevoli rosicamenti che ha causato ai nemici naturali dell’intelligenza, del buon gusto e della libertà, cioè la stampa nazionale e internazionale (ça va sans dire): per costoro il Gran Turco è l’orco cattivo, il mostro nascosto sotto il letto, un personaggio talmente degno d’odio che nel 99% dei casi è necessario inventarsi bufale colossali per attaccarlo.

Il conto l’ho perso da anni, ma basta aprire un quotidiano per trovarne sempre di fresche. Oggi, per esempio, campeggia per ogni dove il titolone Erdoğan ha fatto piangere una bambina augurandole di morire da martire. Che cattivone!

Questo è stile, ammettetelo. Persino i fogliacci di destra, che solitamente scrivono con la baionetta tra i denti, di fronte a Erdoğan si sono trasformati in languidi epigoni di Helen Lovejoy: “I bambini! Perché nessuno pensa ai bambini!”. Ora finalmente riusciamo a capire i loro desiderata: sì, ancora vorrebbero i colonnelli, ma a patto che non facciano piangere le bambine!

Non di meno ognuno può credere a ciò che vuole, ma –tanto per precisare– sabato scorso in Turchia è accaduto esattamente il contrario di quel che scrivono i giornali: dato che la piccola piangeva a dirotto, Erdoğan l’ha chiamata sul palco e per darle coraggio le ha detto una frase che nessuno in Turchia riuscirebbe a trovare infelice, neppure la bambina (che infatti ha smesso di piangere!).

Non solo perché il militarismo come cultura è molto diffuso nel Paese, ma soprattutto perché l’espressione “martire” (şehit) non ha alcuna accezione “negativa”; tanto che, quasi a “preservarla”, i turchi si sono inventati una parola con lo stesso etimo (“testimone”, come da noi), ma lievemente differente (şahit), da utilizzare nei modi di dire, nel parlare quotidiano o nel lessico giuridico. Perché il “testimone” come şehit resta ad appannaggio esclusivo dei caduti per Dio e la Patria (spero di non aver urtato la suscettibilità dei lettori di destra evocando concetti così angoscianti e offensivi).

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