Mattarella non è Mr. Wolf

Il discorso con cui Sergio Mattarella ha stroncato il nascente governo Lega-M5S rappresenta un disastro prima comunicativo che politico: coloro i quali in queste ore stanno ridicolizzando se stessi con imbarazzanti manifestazioni di solidarietà ed entusiasmo verso il Presidente della Repubblica, dovrebbero ragionare sulle conseguenze che un intervento del genere potrà avere sulle prossime, imminenti, elezioni.

Ad onta infatti del physique du rôle da mediatore ultra-democristiano, che si è mantenuto solo nella “forma”, Mattarella nella sostanza ha strappato qualsiasi velo di imparzialità ed equilibrio per esprimere in tutta la sua brutalità e crudezza la “verità” della limitazione di sovranità a cui il nostro Paese è sottoposto.

E’ proprio vero che la storia si ripete prima come tragedia e poi come farsa: tanto che lo si è potuto constatare persino nel breve intervallo cronologico che separa l’incoronazione di Monti da quella (probabile) di Cottarelli.

Il primo era infatti stato presentato come “Salvatore della Patria”, una qualifica della quale la grande stampa concede ancora al tecnocrate di fregiarsi, come ha dimostrato lo scambio di battute con Aldo Cazzullo avvenuto sulle pagine del “Corriere” nel novembre dell’anno scorso:

«Trovo singolare che lei, messa in luce l’incapacità di governo dimostrata ripetutamente dagli uni e dagli altri, dichiari “fallimentare” proprio quel governo che, chiamato a rimediare alla situazione prefallimentare dello Stato provocata dalla politica, è riuscito a evitare il fallimento e ad avviare un processo di riforme. Lei chiama questo “il fallimento di Monti (o almeno questo è il sentimento prevalente nell’opinione pubblica)”. Non dice se questa è (anche) la Sua opinione e per quali motivi ; né indica da quale sondaggio abbia tratto che questo sarebbe “il sentimento prevalente nell’opinione pubblica”. Che poi il “fallimento di Monti” abbia “rappresentato un colpo durissimo per l’establishment europeista e globalista”, è un altro passaggio per me oscuro. Immagino che nel novembre 2011 il presidente Napolitano e il Parlamento abbiano chiamato me pensando che in quel frangente solo qualcuno considerato credibile in Europa e nei mercati sarebbe, forse, riuscito a condurre l’Italia fuori dalla crisi finanziaria. Questo è avvenuto. Non solo, di tutti i Paesi dell’Europa del Sud l’Italia è stato l’unico a superare quella crisi senza ricorrere ad aiuti esterni e perciò l’unico a non aver subito l’onta e i danni di quel governo neocoloniale che si chiama “troika”, mantenendo così intatta la propria sovranità».  

Il frame su Nonno Monti fu così potente da consentirgli anche distanza di anni di presentarsi addirittura come anti-colonialista, se non direttamente “sovranista”! Una pallida eredità di quella eccezionale macchina di propaganda la si percepisce nell’accenno di Mattarella ai “risparmi degli italiani”, argomento che però è passato irrimediabilmente in secondo piano, quasi un sussurro, rispetto al veto su Paolo Savona che ha monopolizzato tutta l’attenzione.

Soprattutto dal punto di vista retorico, come notavamo, l’attuale Presidente della Repubblica ha dimostrato tutti i suoi limiti: invece di porre in parallelo interesse italiano e interesse europeo (credibilmente o meno, questo è un altro discorso), ha creato una gerarchia implicita tra le due dimensioni, mettendo di conseguenza la “posizione nell’euro” dell’Italia al di sopra di qualsiasi altra esigenza di libertà, benessere, occupazione, sicurezza.

La nota sommessa sui “risparmi delle famiglie italiane” (che ha commosso solo i commentatori tedeschi) risulta dunque infinitamente meno credibile della pretesa di Monti di essere il nuovo Thomas Sankara. Mattarella ha compiuto la peggiore delle mosse possibili, spalancando le porte a una riscossa populista in una situazione internazionale che, al di là dei famigerati “mercati”, vede il trionfo politico e culturale delle destre da Washington a Bruxelles.

In conclusione stupisce soprattutto che un uomo dalla formazione democristiana, che aveva dimostrato anche dei solidissimi riferimenti culturali in fatto di “mediazione” (nota l’evocazione di Mr. Wolf al cospetto dello stesso Tarantino) abbia poi rivelato una tale mediocrità nella conduzione delle trattative da far risaltare per contrasto Salvini e Di Maio come due politici intrepidi e astutissimi. Forse è anche questo il sintomo di una “crisi” ormai infinita e insuperabile che impone la radicalizzazione dei rispettivi schieramenti e il tutto o niente come unico criterio di risoluzione dei conflitti.

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