Psicogeografia del terrorismo islamico: Rumiyah non è Roma

Riguardo alle incessanti “minacce dell’Isis” contro Roma, che campeggiano sulla stampa occidentale anche nel momento in cui l’organizzazione sembra aver perso ogni dimensione territoriale, qualche anno fa Mauro della Porta Raffo espresse alcune considerazioni illuminanti (fonte):

«Ai tempi della predicazione da parte di Maometto e nei secoli seguenti, nel mondo islamico, Bisanzio era Roma, dato che della Città Eterna, decaduta, nessuno aveva contezza. Era invece Bisanzio –oggi, Istanbul– la capitale dell’Impero romano, normalmente indicata col nome della nostra capitale. Colpire Istanbul-Bisanzio è quindi, idealmente, colpire Roma».

Se osserviamo le “mappe” con cui l’Isis si fa propaganda, possiamo constatare come la conquista di Roma appaia sempre come fenomeno collaterale, se non totalmente irrilevante; in quella più citata dai media, la Città Eterna non viene nemmeno presa in considerazione.

Insomma i fondamentalisti sono tali anche nei confronti della geografia: quanto afferma MdPR è peraltro giustificato dal Corano stesso, che nella sura Ar-Rum identifica appunto i “romani” con i bizantini. La Rumiyah a cui fanno riferimento le pubblicazioni (autentiche o artefatte) dell’Isis sembra quindi essere proprio Bisanzio. Come ulteriore conferma, si può notare che nel turco moderno l’espressione Rum indica i “romei”, cioè i greci di Istanbul e della Tracia, nonché i greco-ciprioti considerati per l’appunto discendenti dei bizantini.

Infine, come ricorda MdPR, la prima versione dell’e-zine dell’Isis (in turco) si chiamava “Konstantiniyye”, altro dettaglio che dovrebbe chiude il cerchio: i terroristi vogliono non la Roma dei Cesari, non la Roma dei Papi, ma la Roma dei Basilei.

È ovvio che quelli dell’Isis, per quanto “stupidi come un posacenere vuoto” (cit.), sono comunque consapevoli che Roma e Istanbul non siano la stessa città. Se sulla copertina del loro magazine campeggia infatti la citazione di tale Abu Hamza («O muwahhidin, rejoice, for by Allah, we will not rest from our jihad expect beneath the olive trees of Rumiyah»), sul retro compare invece un hadith che dovrebbe chiarire chi deve conquistare cosa:

«Allah’s Messenger (ﷺ) was asked, “Which of the two cities will be conquered first? Constantinople or Rumiyah? He (ﷺ) replied, “The city of Heraclius will be conquered first,” meaning Constantinople».

Ciò conferma la marginalità di Roma nella psicogeografia terroristica (del resto, pur non essendo pratico della zona, mi pare che ci si debba spingere ben oltre il raccordo prima di potersi fare un “selfie” beneath the olive trees): la Berlino o la Parigi d’Italia è Milano, appunto per motivi culturali, perché nell’immaginario è percepita più “europea” e meno “mediterranea” di altre città italiane.

Al di là della barbarie, sarebbe interessante approfondire il tema della “geografia mentale” musulmana e la sua influenza sulle cosiddette “lingue islamiche” (la definizione è di Alessandro Bausani, incredibile figura di studioso che tra le altre cose si occupò anche di geografia: ricordo un saggio sulla rappresentazione dell’Italia nel Kitâb-ı Bahriye dell’ammiraglio turco Piri Reìs).

L’islamizzazione ha portato con sé un intero universo psicogeografico che, per esempio, ha fatto sì che in decine di idiomi la Grecia comparisse nelle vesti di Yunan (da “Ionia”, nome di una satrapia dell’Asia minore).

Uno dei motivi per cui non vengono mai ricordati certi “dettagli” è probabilmente legato al destino della definizione di “islamista”, che in Italia è stata anch’essa presa in ostaggio dai terroristi e ha dovuto lasciare il passo a un pedante islamologo (il quale è andato via via appartandosi proprio per non apparire come tale nei confronti dei colleghi slavisti e orientalisti); anche qui le parole hanno dimostrato tutta la loro importanza.

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