Le minoranze cristiane in Medio Oriente

Chieosa distrutta nel convento dei santi Sergio e Bacco a Ma’lula (fonte)

Un lettore, indignato dalle continue accuse rivolte alle minoranze cristiane mediorientali di essere succubi di “satrapi” e “tiranni”, mi chiede di scrivere qualcosa sull’argomento: lo ringrazio per la fiducia, ma probabilmente sono meno informato di lui. Tuttavia qualcosina so anch’io, perciò colgo l’occasione per dire due parole sulla propaganda che dobbiamo sorbirci quotidianamente.

In primo luogo, è un dato di fatto che le minoranze a finire sotto accusa siano sempre quelle cristiane, nonostante in Medio Oriente se ne contino a centinaia, sia etniche che religiose. Si sai, i cristiani sono antipatici, essendo… cristiani, anche se a seconda dei casi diventano scomodi pure gli sciiti e i sunniti, per non dire di yazidi, assiri, drusi, turcomanni e chi più ne ha più ne metta (in Iraq e in Siria ci sono pure gli gnostici mandei).

Gli unici che sembrano suscitare da sempre una innata simpatia sono i curdi, probabilmente perché sono i migliori alleati di Israele nella regione, pur non essendo affatto più “buoni” o “giusti” o “femministi” degli altri. Chissà se quando avranno creato il loro staterello a immagine e somiglianza di quello sionista, molti degli esagitati sostenitori di oggi cominceranno a darsi una calmata

Visto che abbiamo citato Israele, arriviamo subito al punctum dolens: una delle calunnie verso i cristiani del Medio Oriente che accomuna (non troppo sorprendentemente) filosionisti e islamofili è quella di “sostenere i dittatori”, con l’implicita accusa, da una parte, di non rifugiarsi sotto le amorevole ali di Israele e, dall’altra, di non lasciarsi macellare in nome della “religione di pace”.

Valga un esempio più di mille parole: nel 2014 l’associazione “In Defense of Christians” organizzò alla Casa Bianca un incontro tra il presidente Obama e cinque patriarchi delle comunità cristiane perseguitate in Medio Oriente (caldei, siro-cattolici, melchiti, armeni e copti). Dopo che a porte chiuse Obama aveva ammesso con gli interlocutori di essere al corrente che Assad proteggesse i cristiani, in pubblico il famigerato senatore Ted Cruz (il fondamentalista evangelico che ha corso senza successo nelle ultime primarie dei repubblicani) non si fece problemi a prendere a pesci in faccia quelle importantissime personalità religiose. Nel suo discorso, oltre a dimostrare una profonda ignoranza sulla stessa geografia mediorientale mettendo nello stesso calderone Isis e Hamas, Iran e Assad, in un eccesso di chutzpà (o hasbarà, dato che è pur sempre uno shabbes goy) accusò neanche troppo larvatamente i patriarchi  di odiare l’America e stare dalla parte di Hezbollah.

In tal caso, lo zelo si spiega con la fede di tanti evangelici americani nel ruolo messianico di Israele (una certo retorica “barbarica” accomuna questo fondamentalismo alla forma mentis di chi vorrebbe restaurare un improbabile “califfato”); quelli che però si presentano come analisti obiettivi e razionali, dovrebbero evitare di utilizzare argomenti di tal fatta.

Per esempio, sarebbe auspicabile che si lasciasse cadere l’imbarazzante storiella della “connivenza” con i vari regimi, perché, per dirne una, anche se fino al 2011 la stessa Hillary Clinton definiva Assad un “riformatore” (no, non è una fake news), molti cristiani siriani si unirono comunque alla resistenza senza fidarsi delle garanzie provenienti dall’allora amministrazione americana.

Vorrei concludere proprio su questo punto: a dispetto degli schematismi con cui ragionano molti “esperti”, è un fatto che al principio della guerra civile diverse milizie cristiane si schierarono con i cosiddetti “ribelli” (alle cronache sono passati nomi pittoreschi quali “Battaglione San Giorgio” e “Brigata Gesù Cristo”).

È probabile che dopo le mattanze, le crocifissioni e le decapitazioni, qualche cristiano si sarà riscoperto “lealista”, ma nonostante ciò molte altre comunità hanno continuato a resistere e contro al-Qaeda e contro i governativi (a volte anche a fianco dei curdi).

Sono storie che tuttavia non ci vengono raccontate, per il semplice motivo che non è conveniente farlo: ma a quelli che seguitano a strumentalizzare il ruolo di tali minoranze, consigliamo (ovviamente solo se in buona fede) di andarsi a rileggere Tucidide, almeno le pagine dove descrive la feroce dinamica con cui la guerra civile obbliga a stare da una parte o dall’altra. Sono considerazioni ancora attualissime, che al di là dei dilemmi morali dovrebbero far ripensare la questione soprattutto dal punto di vista “tecnico”; ovvero: quando l’avversario ti impone di scegliere tra lo sterminio e la lotta, quale sarebbe la reazione consigliata dai “giudeo-cristiani” à la Cruz? Se genocidio deve essere, per il bene d’Occidente o d’Israele, che almeno concedano alle vittime la qualifica di martiri, smettendola una volta per tutta di infangarne la memoria.

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