Putin in Vaticano: intervista all’ambasciatore russo

Putin in Vaticano. Intervista all’ambasciatore russo: “Vicini su tutti i dossier internazionali”
(Gog&Magog, 2 luglio 2019)

Fra pochi giorni, il presidente russo sarà in visita per la quinta volta presso il Vaticano: sarà il terzo incontro con papa Francesco.

In una intervista al quotidiano russo Kommersant, l’ambasciatore della Federazione Russa presso la Santa Sede, Alexander Avdejev, ha sottolineato una sintonia fra i due paesi che non viene spesso colta dai media nostrani, né internazionali, e spiegato al pubblico russo l’importanza del rapporto fra lo Stato più esteso del globo e il più piccolo al mondo.

È nota la storica battuta di Stalin, quando chiese: “quante divisioni ha il Vaticano?” Anche oggi devo spesso spiegare che la Santa Sede non ha delle armate a disposizione, ma dietro al Papa c’è un miliardo e trecento milioni di credenti cattolici. Per queste persone, il giudizio, l’autorità e la posizione del Pontefice sono talvolta più importanti delle opinioni dei leader politici dei paesi in cui vivono. Quindi, sebbene il territorio del Vaticano sia piccolo, il suo impatto spirituale sul mondo è enorme.

Interrogato sul possibile contenuto dei colloqui fra Putin e Papa Francesco, così risponde:

Posso supporre che parleranno dei problemi più scottanti dell’attualità: la destabilizzazione delle relazioni internazionali e del commercio mondiale, la crisi in Medio Oriente, il destino della Siria, il futuro del disarmo, la crisi iraniana. (…) Le conversazioni di Francesco con il nostro presidente sono sempre interessanti e politicamente dense. Le definirei uno scambio di opinioni filosofiche e politiche sul mondo tra il leader della Russia e il leader del cattolicesimo. Sottolineo che i rapporti personali del Presidente della Federazione Russa e del Pontefice sono molto buoni, i due leader sono vicendevolmente simpatetici.

Compie poi un passaggio sulla “diplomazia artistica” fra Roma e Mosca avviata negli ultimi anni: in uno scambio senza precedenti nelle relazioni russo-vaticane, dei capolavori della Pinacoteca Vaticana sono stati inviati alla Galleria Tretyakov nel 2016 (per una mostra record di visitatori) e dei quadri di pittori russi sono stati esposti in Vaticano lo scorso inverno.

L’ambasciatore descrive così papa Francesco:

È una persona insolita, interessante e, naturalmente, è un forte sostenitore dello sviluppo delle relazioni con la Russia. Ed è il momento giusto per questo: i cattolici non possono risolvere molti problemi e difficoltà senza tener conto della logica della politica estera russa, così pure dell’esperienza e del ruolo dell’ortodossia russa.

Quanto alle comunanze fra i due paesi, così vengono tratteggiate dal diplomatico:

Il dialogo politico e, in generale, le relazioni della Russia con il Vaticano si stanno sviluppando con grande successo. Si basano su una comprensione simile o comune dell’essenza di molti processi internazionali che hanno preso forma negli ultimi anni.

Ci sono degli argomenti particolari su cui le nostre posizioni coincidono. Innanzitutto, la protezione dei cristiani nel mondo. Abbiamo posizioni quasi identiche sulla risoluzione dei conflitti in Medio Oriente, la lotta contro l’estremismo religioso e il terrorismo, sulla questione dei migranti e dei rifugiati. Il Vaticano è un attivo sostenitore del rafforzamento dell’autorità internazionale e dello status di indipendenza dello Stato Palestinese. Si ricorda come è stata impostata la visita del Papa in Medio Oriente nel 2014? Ha visitato la Palestina per la prima volta in una visita di Stato e da lì è andato in Israele. Inoltre— il che è molto importante — ha parlato a favore del mantenimento dello status quo di Gerusalemme come centro delle tre religioni del mondo. Ciò è di particolare rilievo oggi, nel momento in cui gli Usa cercano di minare alla base tale status.

Alexander Avdejev, ambasciatore russo in Vaticano

Il Vaticano è un forte sostenitore del mantenimento dell’integrità territoriale della Siria, con la rapida adozione di una nuova Costituzione, che andrebbe a soddisfare le aspirazioni del popolo siriano, comprese le minoranze etniche. Il Vaticano sottolinea sempre il merito della Russia nella sconfitta del terrorismo.
Infine, la Santa Sede è favorevole al rafforzamento dei sistemi di non proliferazione delle armi di distruzione di massa. Non ha gradito la decisione di Trump di ritirarsi dal trattato sui missili a corto e medio raggio. Il Vaticano ha poi condannato la decisione degli Stati Uniti di porre fine a un accordo nucleare con l’Iran. E questa posizione non è stata tenuta sotto traccia, ma è stata dichiarata a voce alta e in modo fermo.
Anche le rispettive posizioni sulla questione del Venezuela sono vicine. La Santa Sede è a favore di libere elezioni in un lasso di tempo realistico. Crede che le parti in causa possano compiere passi l’una verso l’altra, fino alla creazione di un “governo di accordo nazionale”. E, naturalmente, la Santa Sede è categoricamente contraria ad un intervento straniero negli affari del Venezuela.

L’intervistatore, però, non può evitare di sollecitare una risposta su un punto delicato per i russi: l’Ucraina. Anche su tale tema, il plenipotenziario appare ottimista.

Il Vaticano sostiene gli accordi di Minsk. Qui si stanno prendendo le distanze dall’interferenza negli affari interni dell’Ortodossia mondiale e, sottolineo, viene dato costante sostegno al rafforzamento dell’unità delle chiese ortodosse. Non si sono avuti contatti con gli scismatici ucraini o con la “nuova” pseudo-chiesa [ucraina e separata da Mosca] in Vaticano.
Uno speciale problema interno alla Chiesa cattolica, che crea, a mio avviso, notevoli grattacapi al Vaticano, è il rapporto con gli Uniati ucraini [la Chiesa greco-cattolica ucraina]. Formalmente, questa chiesa è soggetta al Vaticano, ma ha un ampio grado di autonomia. La leadership degli Uniati agisce in spregio alle indicazioni del Vaticano circa la inammissibilità di una politicizzazione della fede e l’ideologizzazione del gregge ad essa affidato. Gli alti prelati uniati hanno trasformato la chiesa in un partito politico. Pertanto, la tensione tra loro e il Vaticano sta crescendo. Gli Uniati hanno sequestrato e non hanno restituito non solo chiese ortodosse, ma anche chiese cattoliche. Ad esempio, il Papa per lungo tempo e senza successo chiede di restituire la cattedrale cattolica da loro sequestrata a Leopoli. Gli Uniati proprio in quella città hanno fatto una manifestazione di elogio in onore di Poroshenko, che ha perso le elezioni presidenziali.

Ma come si è giunti a migliorare un quadro di rapporti che negli anni ’90 erano dovuti partire da zero, anzi da sottozero?

Penso che la posizione decisiva del Patriarcato di Mosca contro la politica del proselitismo cattolico che era in corso negli anni ’90 abbia avuto un ruolo cruciale. E l’intero mondo cristiano l’ha percepito.
È significativo che con gli ultimi due pontefici, Benedetto XVI e Francesco, la Chiesa cattolica ha iniziato ad allontanarsi dalla strategia di proselitismo, e due anni fa Francesco ha definito un peccato il proselitismo. È stato un gesto a favore del rafforzamento delle relazioni con l’Ortodossia sulla base dell’uguaglianza, nonostante il fatto che ciascuna delle Chiese dovrebbe rimanere a sé stante, preservando le proprie tradizioni, cerimonie e storia. Sulla base di tale uguaglianza e del principio di non ingerenza negli affari gli uni degli altri, oggi si stanno costruendo le relazioni vaticane con il Patriarcato di Mosca e con altre chiese ortodosse.

Il giornalista lo incalza: quali sono stati gli esempi di concreto riavvicinamento, nei due anni dallo storico incontro (a Cuba) fra il patriarca Kirill e papa Francesco? L’ambasciatore non perde l’aplomb:

È una domanda che andrebbe rivolta ai rappresentanti della Chiesa ortodossa russa: io qui rappresento lo Stato russo. Il dialogo tra le due chiese è indipendente e autosufficiente. Noi lo aiutiamo, naturalmente, nella misura in cui ciò è nell’interesse del Patriarcato di Mosca. Ad esempio, vorrei evidenziare la eccezionale mostra multimediale Nuovi martiri e confessori della Chiesa russa che è stata organizzata dal Consiglio per la cultura del Patriarcato nel palazzo papale del Laterano nell’estate del 2018. Era il centenario dell’esecuzione dello zar Nicola II e l’inizio delle persecuzioni della Chiesa ortodossa russa.
Questa mostra, la prima del suo genere al di fuori della Russia, ha mostrato il percorso storico della Russia e della Chiesa. Un numero enorme di sacerdoti e laici, con l’intero episcopato, ha attraversato la tragedia di prigioni, gulag ed esilio. Più di 80 mila monaci e preti sono stati fucilati e torturati. La stessa sorte toccò a tutti i preti e i monaci cattolici russi. La mostra ha affrontato la storia di vita di queste persone. E’ stata visitata da migliaia di romani, studenti di università cattoliche, impiegati del Vaticano. La gente ha pregato ed è stata battezzata proprio davanti alle foto delle vittime della repressione.

Vorrei inoltre notare che è stato firmato un protocollo speciale tra il Vaticano e la Chiesa ortodossa russa per la ricostruzione congiunta delle chiese ortodosse e cattoliche distrutte in Siria. Ce ne sono più di 30. Questo dovrebbe servire come segnale di incoraggiamento per il ritorno dei cristiani che hanno lasciato il paese. In Siria, prima dello scoppio delle ostilità, c’era un 18 per cento di cristiani: ora rimane solo l’1 per cento. Il flusso di aiuti umanitari corre lungo una linea della Chiesa Ortodossa Russa, e lungo una linea della Santa Sede, ed in entrambi i casi gli aiuti sono distribuiti indipendentemente dall’appartenenza religiosa.
Il Vaticano fornisce alla Siria una vitale assistenza medica. Due ospedali cattolici sono presenti a Damasco, uno ad Aleppo. E queste istituzioni mediche collaborano con gli ospedali in cui lavorano i medici russi. Ora la famosa clinica vaticana del Bambin Gesù sta per aprire una sua succursale in Siria. Così, parallelamente all’aiuto ai bambini, ai medici siriani verranno insegnate le tecniche aggiornate di questa clinica vaticana, che è una delle migliori al mondo. Allo stesso tempo, vorrei sottolineare che al Bambin Gesù ogni anno vengono operati 25–30 bambini provenienti dalla Russia. Si tratta di operazioni delicatissime e uniche — tra cui trapianti di organi — che non possono essere svolte ovunque nel nostro Paese.

Interrogato infine, sulla possibilità di una (epocale) visita del Papa a Mosca, l’ambasciatore se la cava “diplomaticamente”, citando le parole, che gli antichi Romani direbbero sicure nell’an ma meno certe nel quantum, del metropolita Hilarion, “ministro degli Esteri” della Chiesa Ortodossa russa:

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